Non c’è niente di più triste di un giovane pessimista.

di | 22 Agosto 2018
Non c’è nulla di simile al fallimento, ci sono solo risultati.

Un po’ tutti noi siamo stati programmati a temere quella cosa chiamata fallimento.

Eppure, non c’è nessuno di noi che non abbia mai avuto un momento di in cui desiderava una cosa e ne ha avuto un’altra.

Noi tutti abbiamo fatto cilecca a un esame, sofferto per un amore infelice, avviato un affare solo per vedere andare tutto storto.

Se da un capo all’altro di questo libro parlo di “esito” e “risultato”, è perché è ciò che scorgono gli individui di successo, i quali non prendono neppure in considerazione il fallimento. Non ci credono. Non rientra nel conto.

Gli uomini riescono sempre a ottenere qualche risultato.

Le persone che hanno il massimo successo nella nostra cultura nonsono quelle che non falliscono, ma semplicemente coloro i quali sanno che se tentano di ottenere qualcosa e non riescono ad averla, hanno comunque avuto un’esperienza istruttiva: utilizzano ciò che hanno appreso e tentano un’altra strada, intraprendono nuove azioni e ottengono nuovi risultati.

Pensateci un momento: qual è l’unica risorsa, l’unico vantaggio di cui disponete oggi rispetto a ieri?

La risposta, come ovvio, è: esperienza.

Gli individui che temono il fallimento si fanno anticipatamente rappresentazioni interne di ciò che potrebbe non funzionare, ed è questo che li trattiene dall’intraprendere proprio quell’azione capace di assicurare l’attuazione dei loro desideri.

Avete paura del fallimento? Be’, e che ne pensate dell’apprendimento? Potete imparare da ogni esperienza umana, e pertanto riuscire, qualsiasi cosa facciate.

Ha scritto Mark Twain: “Non c’è nulla di più triste di un giovane pessimista.

E aveva perfettamente ragione.

Le persone che credono nel fallimento quasi sempre hanno in serbo una esistenza mediocre.

Il fallimento è qualcosa che non viene percepito da coloro che attingono alla grandezza. Costoro non attribuiscono emozioni negative a ciò che non funziona.

Mi sia permesso di riferirvi un esempio. È la biografia sintetica di un uomo che:

a 31 è fallito come uomo d’affari
a 32 anni è stato bocciato a un’elezione
a 34, altro fallimento
a 35, gli è morta la donna amata
a 36, ha avuto un crollo psichico
a 38 ha perduto un’altra elezione
a 43, non è riuscito a farsi eleggere al congresso
a 46, ci ha riprovato ed è stato bocciato un’altra volta
a 48, stessa esperienza
a 55, non è riuscito a farsi senatore
a 56, ha perduto la corsa per la vicepresidenza
a 58, non ha avuto un seggio senatoriale
a 60, è stato eletto presidente degli Stati Uniti.

Il nome del personaggio è Abraham Lincoln.

Sarebbe potuto diventare presidente degli Stati Uniti se avesse considerato alla stregua di fallimenti le sue “trombature” elettorali?

Assai improbabile.

Vincitori, leader, capi d’azienda – persone dotate di potere personale – comprendono tutti che, se si tenta qualcosa e non si perviene all’esito desiderato, si useranno le informazioni acquisite per tentare nuove strade.

Soffermatevi un instante a riflettere sui cinque maggiori presunti fallimenti che vi sono toccati in vita.

Che cosa avete appreso da quelle esperienze?

Non escludo che siano alcune delle più valide lezioni che vi siano mai toccate.

L’ultima domanda è molto interessante.

Ripensa ai cinque più grandi “fallimenti” che hai avuto nella vita.

A volte capita che siano stati dei veri e propri colpi di fortuna, momenti che ci hanno cambiato la vita, altre volte “smusate nei denti” e grandi lezioni di vita.

Il fallimento, inteso in senso letterale, cioè come viene considerato dai più, non esiste.

Esistono solo conseguenze, azione e reazione, causa ed effetto!

A domani

P.s. il libro da cui ho tratto la pillola è “Come ottenere il meglio da sé e dagli altri”, del grandissimo Anthony Robbins. Un libro che andrebbe letto e riletto in continuazione per “restare sempre sul pezzo”

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